Impronte di sottoclasse alla prova dei fatti - Manetto IT

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Impronte di sottoclasse alla prova dei fatti

Esperienze > Esempi di casi complessi
IMPRONTE DI SOTTOCLASSE ALLA PROVA DEI FATTI

PREMESSA
Nel gennaio 2012 due frequentatori del Master in Scienze Forensi e Criminologiche che si tiene presso la Facoltà di Scienze MM.FF.NN. dell'Università di Palermo, dove da quattro anni insegno Balistica, mi hanno scelto come relatore per la loro tesi.
Ho individuato due possibili argomenti d'interesse balistico che comportavano, però, il doversi recare a Gardone V.T. presso una fabbrica d'armi. Considerato che entrambi i tirocinanti lavoravano, non è stato possibile svolgere le due tesi da me proposte.
Per non deludere i ragazzi, continuai a pensare ad una ricerca che si potesse svolgere presso il Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica di Palermo, ove ero responsabile del Laboratorio di Balistica, finché un giorno, nel prelevare delle cartucce calibro 12 da una scatola nuova per effettuare dei test a fuoco con un fucile, mi sono imbattuto in tre cartucce che presentavano delle strie sulla capsula dell'innesco.
Incuriosito, ho osservato le tre capsule al microscopio ed ho constatato che le strie erano perfettamente sovrapponibili ed ho pensato che poteva essere l'oggetto della tesi da affidare ai due tirocinanti del Master, ma era passato troppo tempo ed i ragazzi avevano già scelto di svolgere la tesi in altro settore.
La ricerca da effettuare era la seguente: verificare se le strie, definite impronte di sottoclasse, perchè dovute all'utensile con il quale il metallo è stato lavorato, si conservassero o meno anche dopo lo sparo in due fucili semiautomatici differenti.
Poiché ritengo che l'argomento sia di sicuro interesse in materia di balistica forense, ho pensato di svolgere da me la ricerca ed i risultati ottenuti vengono di seguito esposti.

LE MUNIZIONI
Trattasi di tre cartucce calibro 12 allestite dalla Dionisi Cartridge che presentano le seguenti caratteristiche (v. foto 1, 2 e 3):
• bossolo di plastica bianca da 70 mm con chiusura stellare a sei pliche e fondello da 8,3 mm ;
• 32 grammi di pallini della numerazione italiana 11;
• borra biorentabile.


CONFRONTO DELLE STRIE DI SOTTOCLASSE PRESENTI SULLE CAPSULE D'INNESCO












Come si vede nelle foto, dalla 4 alla 14, l'identità delle strie presenti sulle capsule delle tre cartucce è assoluta.
Adesso non rimane che procedere ad effettuare i test di sparo con due fucili semiautomatici, per ottenere bossoli sperimentali in modo da verificare, sempre mediante l'utilizzo del microscopio comparatore, se le microstrie rimangono comparabili e, soprattutto, se conservano l'identità tra bossoli di differente provenienza (armi diverse).

TEST A FUOCO
Per procedere alle prove di sparo, ho chiesto ed ottenuto la collaborazione di un mio amico cacciatore, Giuseppe Merlino di Caronia. Lo stesso, infatti, possiede due fucili semiautomatici: un Beretta A302, con matricola F52120E, e un Benelli M2 con matricola M712262 (v. foto dalla 15 alla 20).




Con il fucile Benelli M2 sono state sparate le due cartucce contrassegnate con le lettere A e B, mentre la terza cartuccia, contrassegnala con la lettera C, è stata sparata con il Beretta A 302.


CONFRONTO STRIE DI SOTTOCLASSE DEL BOSSOLO A E DEL BOSSOLO B





CONFRONTO STRIE DI SOTTOCLASSE DEL BOSSOLO A E DEL BOSSOLO C







Il percorso fotografico dalla 23 alla 32 è ampiamente dimostrativo che vi è identità tra le strie di sottoclasse, già presenti nelle cartucce documentate nelle foto dalla 4 alla 14, anche dopo lo sparo delle medesime cartucce in due differenti fucili.
Questa condizione potrebbe indurre in errore l'esperto balistico che dovesse trovarsi a comparare dei bossoli a reperto, cioè rinvenuti in due differenti episodi criminosi, con analoghe strie di sottoclasse?
La risposta è no, se si procede secondo delle precise regole che sono proprie della balistica forense. Infatti, come dimostrato nelle foto seguenti, è possibile escludere con certezza che strie di sottoclasse come quelle viste prima possano residuare dalle armi sottoposte al test. Qualche problema potrebbe sorgere, ma non impossibile da risolvere per i più esperti, se dovesse capitare che a sparare siano due fucili della stessa marca e modello, e la posizione delle impronte di classe (estrazione, percussione ed espulsione) viene a coincidere, nei due gruppi di reperti, con quella delle impronte di sottoclasse.
Ovviamente si possono ipotizzare un ventaglio di condizioni particolari che, se dovessero verificarsi, potrebbero indurre in errore anche il più ferrato degli esperti: reperti danneggiati, reperti residuati da armi con organi d'improntamento alterati, bossoli con più impronte di espulsione ed estrazione per precedenti incameramenti in bianco o ricariche, etc.
Nel caso specifico il compito è facilitato dal fatto che le cartucce sono nuove di fabbrica e i due fucili hanno impronte di classe differenti.




Nelle quattro foto precedenti è stato ampiamente dimostrato che il bossolo A e il bossolo C provengono da spari effetuati con differenti fucili semiautomatici.
Adesso, seguendo lo stesso percorso dimostrativo visto nelle quattro foto precedenti, si procede a dimostrare che il bossolo A e il bossolo B provengono da spari effettuati con la medesima arma.





CONCLUSIONI
Il risultato della presente ricerca è di sicuro interesse per le scienze forensi e vuole essere un contributo per consentire di arricchire, se pur indirettamente, il bagaglio esperienzale di tutti coloro che si occupano di balistica comparativa.
Per l'esperto balistico le minacce di errore sono sempre in agguato. La peggiore delle minacce, che riguarda particolarmente i principianti, è la fretta ed il condizionamento psicologico degli organi inquirenti, A.G. e P.G., i quali, convinti della bontà delle loro indagini, possono portare il balistico all'errore.
Nei miei 25 anni di esperienza in materia di balistica comparativa, maturata nel Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica, ho avuto modo di convincermi che una comparazione negativa ha il medesimo valore di una positiva, perché si consente agli organi investigativi di rivedere le loro tesi e possibilmente a rimodulare le indagini.

Caronia, 7 Aprile 2014
Biagio Manetto

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